Chirurgia delle palpebre
La chirurgia orbito palpebrale ambulatoriale è un capitolo di recente acquisizione nell’ambito della Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica.
Nell’esperienza del chirurgo plastico, la regione orbito palpebrale rappresenta uno dei distretti più trattati. Responsabile di questo interesse è sicuramente l’intervento di blefaroplastica. Tale procedura rappresenta una specie di trampolino di lancio sia per i diversi gradi di complessità ai quali ci si può fermare, sia per i ridotti tempi chirurgici e di ricupero post-operatori, che permettono di applicare una formula puramente ambulatoriale. Ciò porta ad un abbattimento dei costi e ad un buon rapporto tra l’ impegno economico ed il beneficio estetico che è di incentivo sia per il chirurgo che per il paziente. Cronologicamente la blefaroplastica viene ricordata come uno dei primi interventi nei quali cimentarsi perché nel subconscio collettivo si ha l’impressione che lasci ampi margini di soluzione indipendentemente dall’abilità dell’operatore. Fortunatamente il concetto di rimuovere una losanga di cute e dare quattro punti di sutura fa parte del bagaglio culturale del chirurgo in erba mentre ha preso piede un atteggiamento molto più scrupoloso sull’ indicazione alla correzione e sul rispetto della funzione dell’apparato orbito-palpebrale. A prescindere dall’intervento di blefaroplastica, la chirurgia orbitopalpebrale annovera tra le sue pertinenze diverse procedure molto più complesse i cui fondamentali riprendono i principi di chirurgia plastica ricostruttiva. La patologia funzionale, la traumatologia, l’oncologica cutanea e la chirurgia estetica rappresentano i quatto grandi capitoli grazie ai quali questa disciplina ha conquistato una sua autonomia nei confronti delle specialità chirurgiche tradizionali.
Patologia funzionale
La funzione palpebrale è fondamentalmente di protezione nei confronti del bulbo. Si tratta di un ruolo dinamico visto che il margine palpebrale superiore ad eccezione del periodo del sonno è costantemente in movimento. La palpebra deve potere compiere una escursione di 12-14 mm dalla posizione di chiusura alla posizione di sguardo superiore seguendo la complessa curvatura delle strutture sottostanti, senza creare attriti corneali. Il controllo del movimento delle palpebre è la risultante di un sistema di innervazione volontaria in cui sono in antagonismo i comandi a chiudere del 7° ed i comandi ad aprire del 3° paio dei nervi cranici. A questi si aggiunga la necessità di sincronizzare i movimenti essendo le palpebre pari e simmetriche. Al ruolo di protezione, si aggiunge quello di lubrificazione ed idratazione dell’apparato lacrimale. Le disfunzioni del sistema palpebrale sono causa di gravi disagi invalidanti. A seconda della cronologia degli eventi possono essere inquadrate distinguendo l’aspetto malformativo congenito dalle patologie acquisita.
Inestetismi rari
a) Anomalie della rima palpebrale
1 - Euriblepharon: patologia ereditaria caratterizzata da un allargamento simmetrico della rima palpebrale con grandi palpebre.
2 - Blefarofimosi: riduzione dell'apertura delle palpebre con le stesse ridotte in linea medio-laterale.
3 - Anchiloblepharon: consiste nella fusione di parte dei margini palpebrali in modo che la rima risulta accorciata.
b) Anomalie delle pliche cutanee palpebrali
1 - Epicanto: costituito da una piega cutanea semilunare che corre verso il basso dall'arco nasale con concavità verso il canto interno.
2 - Epicanto inverso: la piega cutanea origina dalla palpebra inferiore e si porta alla palpebra superiore senza coprire il canto interno ma allontanandolo dal naso così da deformare la rima.
c) Anomalie per alterazione di porzione dei margini palpebrali
1 - Entropion: rarissima anomalia congenita, consiste nella flessione interna dell'intero margine palpebrale.
2 - Ectropion: consiste nell'eversione dei margini palpebrali. 3 - Ptosi: causata dalla caduta della palpebra superiore, si distingue in congenita ed acquisita.
d) Anomalie palpebrali in toto
1 - Ablefaria: evenienza rarissima, consiste nel mancato sviluppo palpebrale con esposizione del bulbo oculare.
2 - Microblepharon: si presenta con palpebre apparentemente sviluppate in maniera normale ma di lunghezza insufficiente a chiudere l'occhio durante il sonno.
3 - Colobomi: possono colpire le palpebre superiori ed inferiori, completi o incompleti, consistono in un deficit isolato di tessuti molli palpebrali.
Epicanto
E’ costituito da una piega cutanea semilunare che corre verso il basso dall'arco nasale con concavità verso il canto interno. Le pieghe epicantali sono presenti come caratteristica nella razza mongolica ed in alcune tribù indigene del nord e sud America. Nelle altre razze costituisce una alterazione. L'epicanto congenito viene trasmesso con tratto autosomico dominante. Sono quasi sempre bilaterali anche se talvolta possono comparire in grado differente tra le due parti. Più spesso si associa a telecanto e più raramente a ptosi.
Un epicanto in base alle sue estensioni può essere distinto in:
a) palpebrale dove le pieghe sorgono dalla palpebra superiore al di sopra della regione tarsale;
b) tarsale dove le pieghe sorgono dalla cute al di sopra del tarso ;
c)sopraccigliare dove le pieghe scorrono dal sopracciglio verso la palpebra inferiore.
Nel nostro protocollo ,se si tratta di una anomalia poco evidente generalmente si sconsiglia la correzione chirurgica,mentre nei casi più gravi il trattamento viene dilazionato in età scolare. Diverse tecniche sono state proposte nel corso degli anni tra queste quella descritta da Mustardé permette di ottenere una buona correzione estetico funzionale. Tale tecnica indicata anche con il termine di "Rectangular (Four-Flap) Tecnique" utilizza il trasferimento dell'apparente eccesso cutaneo, derivante dalla componente orizzontale della piega,per correggere la scarsa lunghezza sull'asse verticale. La cicatrice finale si localizza verticalmente sul canto mediale senza interessare la cute nasale.
Ptosi palpebrale congenita
Si manifesta con l'abbassamento del margine palpebrale superiore rispetto alla sua posizione normale (in sguardo primario). Ciò implica che nella posizione di riposo la palpebra superiore risulti più bassa rispetto al punto di riferimento anatomico e rappresenti un ostacolo alla visione. Diverse sono le casistiche riportate in letteratura riguardanti la frequenza delle ptosi congenite. La maggioranza dei dati si attesta sul 26-28% del totale delle ptosi. Nella nostra casistica raccolta dal 1990 su 1450 pazienti con ptosi mono e bilaterali il 37% è risultato affetto da ptosi palpebrale. La correzione chirurgica di tale anomalia può essere eseguita secondo diverse metodiche. Il nostro protocollo prevede per le ptosi lievi con buona funzione dell’elevatore la correzione secondo Everbush, che consiste in un accorciamento del muscolo elevatore della palpebra congiuntamente o meno al muscolo di Muller ad accesso cutaneo. Il muscolo di Muller nella chirurgia della ptosi ha assunto un ruolo di protagonista da quando è stata rilevata la grande capacità contrattile a fronte del ridotto spessore. L’intervento chirurgico viene eseguito in anestesia generale nei pazienti pediatrici ed in anestesia locale negli adulti. L’accorciamento è in funzione del grado di ptosi. La vecchia regola dei 3mm di accorciamento per millimetro di ptosi è meno precisa della correzione in fase operatoria regolandosi sulla misura che permette di limitare ad 1 mm la copertura del limbus. Più si aggrava la funzione dell’elevatore e più ci si orienta verso la sospensione al m. frontale abbandonando il concetto di correzione dinamica (intervento sul muscolo elevatore) in favore di una correzione statica utilizzando una bretella che colleghi il piatto tarsale ad una struttura in grado di contrarsi (m. frontale).
Patologie funzionali acquisite
Le patologie acquisite involuzionali sono responsabili di un alto numero di disfunzioni trattate nel distretto palpebrale. L’entropion involuzionale cosi come la ptosi palpebrale amiotrofica progressiva, così come l’ectropion involuzionale rappresentano disordini nel ruolo assunto dai muscoli elevatori/ retrattori soprattutto nel paziente adulto/anziano Rappresentano una patologia in fase di aumento vista la crescita dell’età media della popolazione. Le ptosi amiotrofiche progressive rappresentano nella nostra esperienza il 52% del totale delle ptosi trattate e corrispondono al gruppo che trova il maggiore giovamento dalla correzione chirurgica.
Ptosi amiotrofiche progressive 52%
Ptosi congenite 37%
Ptosi neuropatiche 5%
Ptosi post-traumatiche 10%
Ptosi degenerative 6%
Le ptosi acquisite descrivono un capitolo di difficile inquadramento in cui l’agente etiologico può essere di natura traumatica, espansiva o degenarativa. La prognosi per le ptosi post-traumatiche dipende dalla sede colpita. Più questa è centrale più il quadro assume aspetti irreversibili, più è periferica più è possibile intervenire chirurgicamente. Anche per i traumi periferici l’intervento prevede un tempo di latenza di 2-3 mesi durante i quali la soluzione del trauma e dell’edema dei tessuti molli può modificare notevolmente il quadro clinico. Nelle patologie neuropatiche e miopatiche degenerative la ptosi rappresenta un segno di un quadro patologico sistemico che viene inquadrato in prima battuta dal neurologo e solo in seguito dal chirurgo per una spesso improbabile indicazione chirurgica.
Sempre nell’ambito degenerativo le tireotossicosi sono responsabili di una disfunzione opposta rispetto alla ptosi ma sempre ugualmente invalidante legata alla retrazione della palpebra. Per questa patologia sono applicabili diverse procedure chirurgiche rivolte alla decompressione orbitaria ottenuta ampliando la volumetria della cavità orbitaria o diminuendone il contenuto in termini di tessuti molli e modificando la sede d’inserzione della muscolatura responsabile della retrazione.
Chirurgia oncologica
Le lesioni di interesse oncologico rappresentano il 40 % del totale degli interventi eseguiti in questo distretto. Frequentemente vengono eseguiti in anestesia locale ambulatorialmente. L’alta percentuale è giustificata dal fatto che la cute è molto sottile e molto esposta. I traumi esterni non solo di natura chimica, biologica e meccanica, ma soprattutto termica. Le palpebre sono strutture difficili da proteggere dalle alte e basse temperature e dall’aggressione dei raggi UVA e UVB. Nei casi estremi di ustioni di II e III grado al volto sono quasi sempre coinvolte e mostrano minore resistenza al trauma e tempi di ricupero allungati rispetto al resto della cute del volto. Esiste ormai uno schema di trattamento che prevede a seconda delle dimensioni dell’escissione una serie di interventi ricostruttivi che permettono di limitare i deficit di funzione e di protezione. La soluzione del problema passa nella maggioranza dei casi attraverso una rimozione chirurgica del tumore associata ad una ricostruzione, si tratta infatti di lesioni poco sensibili alla radioterapia ed alla crioterapia. In Italia il carcinoma basocellulare è il tumore cutaneo più frequente. Rappresenta nelle nostre casistiche il 92% delle lesioni maligne che interessano la palpebra. E’ seguito dal tumore squamocellulare 6% e dall’adenocarcinoma sebaceo 2%. Rari sono i casi di carcinoma basocellulare ricorrente. Purtroppo spesso questi portano alla demolizione dei tessuti fino alla enuclazione. Delle lesioni localizzate al volto il 60% è risultato interessare le palpebre.
Il protocollo prevede che per le ampie demolizioni o per compromesse condizioni generali del paziente si opti per l’anestesia generale e per la degenza notturna.
I controlli dei pazienti avvengono a 3 – 6 mesi dall’intervento mantenendo in seguito una frequenza semestrale. Nella nostra esperienza, seguendo il protocollo chirurgico ed il follow-up sopra descritto sono state evidenziate percentuali di recidive locali corrispondenti al 12% dei pazienti trattati a tre anni dall’intervento. Tali dati sono sovrapponibili a quanto pubblicato in letteratura e confermano le caratteristiche di recidività della lesione basaliomatosa. La frequenza con la quale si ripresentano lesioni su cute probabilmente predisposta alla degenerazione, per la presenza di precancerosi o di situazioni flogistiche cronicizzate, nonostante la radicalità dell’escissione chirurgica, giustifica la frequenza con la quale viene richiesto di presentarsi ai controlli alla popolazione in cura. Intermedica oltre a utilizzare un servizio di anatomia patologica che permette di analizzare i tessuti rimossi, permette di impostare per i pazienti oncologici un follow-up con aggiornamento delle condizioni locali e generali
Traumatologia
Il trauma orbitopalpebrale nella fase acuta viene trattato prevalentemente presso i P.S. delle strutture pubbliche. Il trauma può presentarsi limitato ai tessuti molli o coinvolgere anche lo scheletro orbitario e quindi richiedere un intervento maxillo-facciale. La palpebra viene coinvolta soprattutto negli incidenti automobilistici e sportivi. I pazienti ricevono le prime cure in fase acuta mentre, purtroppo, la tendenza è quella di differire la ricostruzione della continuità scheletrica e delle perdite di sostanza. Ciò accade non solo quando un secondo tempo operatorio è giustificato dalle priorità dettate da un politrauma ma anche nei casi in cui ci sia un interessamento limitato al distretto orbitopalpebrale.. Ne consegue che gli esiti cicatriziali sono frequentemente invalidanti e gli interventi correttivi si svolgono su tessuti retratti,sclerotici a volte definitivamente compromessi. Negli esiti di traumi, le briglie cicatriziali così come i tatuaggi traumatici e le aderenze e sinechie congiuntivali sono tra i quadri più frequenti. Questa mancanza di tempismo dipende soprattutto dalla costante mancanza nei Pronto Soccorso di strumentario e materiali sufficientemente delicati da trattare congiuntiva, aponeurosi e lamina anteriore. Sia nelle urgenze che nella correzione degli esiti cicatriziali, le tecniche di ricostruzione prendono in considerazione gli stessi schemi applicati alla ricostruzione post-exeresi oncologica. Risulta frequente la necessità di sbrigliare il margine palpebrale andando a riaffrontare correttamente le strutture sui vari piani che compongono la lamina anteriore e quella posteriore Il tessuto cicatriziale a questo livello è responsabile di retrazioni soprattutto sull’asse verticale che provocano ectropion. Una delle caratteristiche che si osserva con maggiore frequenza nella correzione egli esisti cicatriziali é l’errato affrontamento dei margini. Ciò è legato anche a rapido infarcimento emorragico post-trauma che condiziona le fasi della sutura. E’ frequente l’utilizzo di innesti, a volte compositi qualora sia necessario ridare dimensioni alla struttura tarsale. Tali interventi fanno parte del bagaglio tecnico del chirurgo oculoplasta.
Chirurgia estetica
La chirurgia estetica rappresenta un capitolo fondamentale nella chirurgia orbito-palpebrale. Le palpebre essendo strutture molto delicate risentono precocemente degli stress a cui viene sottoposto il fisico,ed i segni dell’invecchiamento possono manifestarsi con anticipo anche in pazienti giovani. L’edema palpebrale così come l’ammiccamento forzato sono due delle cause principali dell’espansione cutanea responsabile della formazione di rughe, solchi e pliche cutanee. L’edema dei tessuti molli è inoltre protagonista nel modificare la tenuta del setto orbitario. Il rilascio di questa struttura permettere la pseudoerniazione del tessuto adiposo periorbitario con la formazione delle cosiddette “borse“. Nell’invecchiamento delle palpebre un ruolo di primaria importanza è rivestito dal riassorbimento del collagene dal sottocute che rappresenta un processo irreversibile. Indipendentemente dall’invecchiamento fisiologico, le palpebre possono rappresentare precocemente la spia di disordini metabolici, neurologici, neuromuscolari ad interessamento sistemico per i quali è necessario un corretto inquadramento al fine di evitare interventi superflui. La blefaroplastica superiore permette di correggere l’eccesso di cute che porta alla duplicazione del tessuto a livello della piega palpebrale superiore. Il disegno della losanga di cute da asportare corrisponde alla fase determinante dell’intervento. Dalla pianificazione della superficie di cute da asportare dipende la corretta ubicazione dell’esito cicatriziale che deve scomparire in visione primaria. Al contrario, le palpebre inferiori non necessitano nella maggioranza dei casi di rimozione di cute. Tendono invece a modificare il loro aspetto per la presenza di pseudoerniazioni adipose. La corretta diagnosi a questo riguardo può permettere di arrivare ad una correzione soddisfacente mentre l’errato inquadramento del problema è il più delle volte responsabile di danni iatrogeni. L'intervento non lascia segni in quanto la cute viene incisa sul margine ciliare o addirittura utilizzando l’accesso transcongiuntivale. Non è sempre necessario rimuovere il tessuto adiposo. A volte, nei pazienti con l’occhio particolarmente incavato è consigliabile riposizionarlo al fine di evitare la scheletrizzazione dell’orbita. Quando è in eccesso può essere rimosso delicatamente. La richiesta di migliorare l’aspetto fisico è in aumento così come i chirurghi che si dedicano a questa disciplina. Purtroppo a ciò non corrisponde una costanza nella qualità dei risultati. L’assenza di esperienza porta frequentemente a compiere tre ordini di errori :
a) indicazioni scorrette che limitano l’efficacia dei risultati,
b) tecnica mal applicata
c) procedure condotte in ambiente non idoneo e con strumentario inadeguato.
Nella blefaroplastica superiore, i danni che ne conseguono sono nella maggioranza dei casi di piccola entità. Si osservano esiti cicatriziali non corrispondenti alla piega palpebrale superiore, esposizioni corneali lievemente superiori alla situazione preoperatoria (scleral show) ed asimmetrie. Nella blefaroplastica inferiore l’errore più frequente è rappresentato dall’eccessiva rimozione di tessuto. Ne consegue che l’esito retraente esercita una trazione verso il basso superiore alla capacità della palpebra di mantenere i corretti rapporti con il bulbo e porta ad un quadro di ectropion cicatriziale. Nella chirurgia dell’invecchiamento il trattamento delle palpebre permette di ottenere buoni risultati quando si evita di essere eccessivamente aggressivi.
Vale infatti il principio che la correzione di un inestetismo trova vantaggi nella conoscenza e rispetto della anatomia chirurgica maturata nel campo ricostruttivo. Il miglioramento dell’aspetto della palpebra permette di abbellire lo sguardo. Spesso questa correzione viene eseguita in associazione con altre procedure di correzione dell’invecchiamento quale la ritidectomia che interessa il resto del volto o di peeling chimici o, più recentemente, di LASER Resurfacing. Il principio, nei tre casi e quello di ridare maggiore tensione alla cute e quindi maggiore corrispondenza tra contenitore e contenuto.
Nella chirurgia estetica della regione orbitopalpebrale l'inquadramento del difetto è sicuramente uno dei momenti più importanti della correzione. Uno degli esempi più comuni è dato dal tentativo di correggere "l'effetto tenda". Questo può dipendere non direttamente dalla palpebra ma dal rilassamento del sopracciglio. In questo caso esistono interventi alternativi che possono ridare luce allo sguardo senza intervenire direttamente sulla palpebra, ma riportando il sopracciglio nella posizione occupata in precedenza.
Nel caso specifico della "ptosi del sopracciglio" utilizzando strumentari a luce fredda ed endoscopi, è possibile sospendere le strutture fronto-sopraccigliari intervenendo dal cuoio capelluto in modo da non lasciare esiti cicatriziali evidenti. Recentemente, nei pazienti sottoposti a blefaroplastica, è stato preso in considerazione il vantaggio di intervenire sul sopracciglio qualora questo tenda ad “incappucciare” la palpebra. E’ abbastanza frequente osservare nei pazienti mediterranei una blefarocalasi secondaria alla discesa della cute del sopracciglio. In uno studio condotto su 15 Pazienti con queste caratteristiche sono stati analizzati i risultati ottenuti associando la blefaroplastica più sospensione interna del sopracciglio e confrontati con 15 pazienti sottoposti alla sola. Sono state misurate le distanze tra la pupilla in sguardo anteriore e l’attaccatura superiore dei peli del sopracciglio nell’immediato postoperatorio, a distanza di 3 - 6 mesi. Dei pazienti sottoposti a sospensione la distanza del sopracciglio dalla pupilla è risultata aumentata di 3 mm. ( media ) con un massimo di 6 mm. ed un minimo di 0 mm. 3 Pazienti hanno mostrato una lieve asimmetria. Il risultato si é mantenuto costante a 3 e 6 mesi di distanza in 10 pazienti.5 Pazienti hanno mostrato una riduzione della distanza pupilla sopracciglio. Nei pazienti trattati con la sola Blefaroplastica la distanza è risultata diminuita nel controllo a 3 mesi di 2 mm. rispetto al preoperatorio in 6 casi e di 3 mm. in 4 casi. Al controllo a 6 mesi il risultato si é mantenuto costante in tutti i 15 casi. I risultati ottenuti fanno pensare che la blefaroplastica tradizionale quando é presente incappucciamento del sopracciglio possa dare un beneficio parziale e debba essere supportata dalla sospensione del sopracciglio onde evitare che le forze esercitate dallo sfintere orbicolare provochino un abbassamento dei tessuti corrispondenti al sopracciglio. Questa acquisizione non rappresenta una novità nell’ambito della chirurgia estetica. Sfrutta l’allestimento di un piano sovraperiosteo in una area libera da strutture vascolo-nervose a rischio Permette tuttavia di affermare ancora una volta che il progresso in questo campo avviene grazie alla introduzione di nozioni anatomo-chirurgiche, tecniche e strumentario conquistate in campo ricostruttivo. Ne deriva che la chirurgia estetica debba essere considerata a tutti gli effetti una branca inscindibile della chirurgia plastica. Intermedica si avvale per il trattamento di tutte queste patologie/inestetismi di chirurghi plastici di grande esperienza con ruoli apicali negli Ospedali Milanesi.

